matrimonio

Numerose e talvolta simili ad altre località erano le usanze e le abitudini che caratterizzavano il matrimonio. Curiose le regole da seguire per il fidanzamento che lo precedeva. Di origine antica era la tradizione del fazzoletto ricamato che l’innamorato donava come pegno d’amore alla ragazza che voleva conquistare: accettarlo significava approvare l’amore di colui che lo aveva offerto.

Si ricordano la serenata, detta partenza, che lo sposo cantava la sera prima del matrimonio sotto la finestra di lei e il carro parato a festa che trasportava il corredo da casa della sposa a quella del futuro marito. Prima di avviarsi i genitori della sposa descrivevano a gran voce il corredo e all’arrivo, davanti la casa dello sposo, veniva elencato di nuovo tutto quello che la donna portava in dote.

Il carretto, addobbato con fiocchi, nastri e fiori e seguito da familiari e amici, sfilava per tutto il paese per mostrare a tutti ciò che possedeva. Per questo veniva data particolare cura alla fabbricazione delle cassapanche che contenevano accuratamente riposto il corredo e alle ceste che trasportavano il pane.

Se la donna era originaria di un altro paese, il giorno del matrimonio l’uomo doveva andare a prenderla per portala in sposa ad Aringo. Una volta insieme, gli sposi dovevano sottoporsi ad una antica usanza (tuttora in voga) tipica di questa zona: la parata. Prima di lasciare il paese natio della ragazza, la via da percorrere veniva chiusa da numerosi nastri che l’uomo provvedeva a tagliare e da corde che doveva sciogliere. Durante il tragitto lo sposo usava lasciare delle monete come pagamento simbolico per aver portato via la donna.

I soldi venivano raccolti dai capi famiglia del paese e successivamente utilizzati per festeggiare con una cena.

La notte prima del matrimonio, sopra la porta della casa degli sposi veniva montata dagli amici una struttura ad arco piena di fiori. Il giorno delle nozze gli sposi arrivavano in chiesa accompagnati dal corteo nuziale. Una volta arrivati davanti all’altare, lo sposo si inginocchiava su un lembo del vestito bianco della sposa. Al termine della cerimonia, un’usanza singolare era quella dei più piccoli fuori la chiesa: all’uscita degli sposi, durante il tradizionale lancio dei confetti (i cannellini), i ragazzini di tutto il paese si precipitavano a raccoglierli per poi dividersi successivamente il gustoso gruzzolo. Una volta rientrati a casa, sempre seguiti dal festoso corteo, era la suocera che riceveva gli sposi accogliendo la nuora sulla porta per darle il benvenuto.

Anticamente le faceva il segno della croce sulla fronte con un tocco di pane pronunciando le seguenti parole molto forti: “In nome di Dio e S. Maria, meglio morta che vedova sia!” In tempi più recenti le poneva al collo una catenina d’oro, augurandole di essere portatrice di pace e di prole.
Un’altra serenata, detta rèscita, era eseguita sotto la finestra dei novelli sposi dagli amici dopo una settimana o due dalle nozze.