Ad Aringo in passato si temeva la presenza delle streghe.
Un’antica credenza imponeva di non lasciare assolutamente fuori casa i panni stesi dei bambini durante la notte, poiché potevano essere usati dalle streghe per le pratiche di fatture e sortilegi. Un’altra usanza era quella di sistemare la sera accanto la porta di ingresso una scopa capovolta o un sacchetto pieno di semi di miglio. La leggenda voleva infatti che la strega, prima di entrare in casa, dovesse necessariamente contare uno ad uno tutti i fili della scopa o i piccolissimi semi di miglio senza sbagliare. Per portare a termine l’operazione non poteva bastare tutta la notte, quindi con l’arrivo del nuovo giorno la strega se ne andava via.
Quando nelle case c’era una malato che dopo lunghi periodi di cure non riusciva a migliorare, era diffusa e praticata la regola di rivolgersi a uno stregone per trovare la soluzione.
Capitava così che l’indovino magari prediceva che all’ora di pranzo di un determinato giorno si sarebbe presentata dalla famiglia interessata una persona conosciuta a chiedere del sale o della farina e che costei era la causa del male. In passato, soprattutto in periodi poveri, era facile che intorno all’ora predetta si presentasse la comare o la vicina per chiedere qualcosa. E così la malcapitata di turno, oltre a correre il rischio di essere cacciata via in malo modo, veniva pure additata da tutti come strega. In paese c’erano anche delle signore considerate in grado di combattere i sortilegi: Vituccia, persona molto buona, si diceva potesse levare il malocchio, come pure Giovannina. Maria leggeva la presenza del male sui chicchi di grano immersi nell’acqua, Anna con la pratica dell’olio. Entrambe lo potevano anche eliminare. Versare il sale in terra o avere dell’aglio in casa era un’efficace difesa contro la presenza delle streghe: secondo la superstizione infatti esse non possono sopportarne la vista né il contatto.
Un fatto curioso riscontrabile ancora oggi: secondo la credenza popolare, quando qualcuno ci fa un complimento, questo potrebbe nascondere un’invidia e diventare malocchio. Per questo, soprattutto le vecchie signore hanno tuttora l’abitudine di concludere ogni frase di elogio o di augurio con “… che Dio ti benedica!” In questo modo allontanano ogni dubbio sulla loro buona fede.