folclore

Poeti a braccio
La tradizione dei poeti a braccio, anche se non propria di Aringo, è molto sentita e praticata ancora oggi. Dalle origini antiche, nasce dalle manifestazioni folcloristiche dei pastori di un tempo che, ispirandosi alla letteratura italiana, tentavano di riproporre col canto – quando si riunivano – le letture fatte, modificandone i testi. Nelle gare tra poeti a braccio, generalmente si sceglie un tema al quale attenersi e si improvvisano le parole recitando su una base scandita con metriche precise stabilite. La struttura è quella della poesia classica i cui versi sono formati da ottave o da quartine di endecasillabi, a rima alternata o baciata, che devono essere necessariamente associate tra loro. Il poeta di turno deve sempre ricominciare riprendendo la rima dell’ultimo verso dell’altro. Si organizzano così delle divertenti competizioni tra due o più poeti che si svolgono generalmente la sera, accompagnate spesso da grandi bevute di vino. Tra i più noti e abili rappresentanti del passato di questa pratica ricordiamo Carlo Partenza e Sfilatino.

 

Morra
Altra forma di gara popolare molto diffusa è il gioco della morra. Le sue origini sono ancora incerte in quanto da sempre è stata tramandata di generazione in generazione. Il gioco è dinamico e consiste nell’indovinare la somma dei numeri che vengono mostrati con le dita dai giocatori. Si svolge tra due o più sfidanti che ad un segnale stabilito chiamano a gran voce un numero mostrando contemporaneamente una cifra con le dita di una mano. Chi riesce ad indovinare il numero chiamato, ottenuto dalla somma dei numeri mostrati dai due concorrenti, ottiene un punto. La divertente sfida ha inizio ad un segnale prestabilito (ad esempio un pugno battuto sul tavolo) che dà il via alla gara. A questo punto i giocatori allungano ognuno il proprio braccio indicando con le dita un numero (o il pugno chiuso che vale zero) e urlando la cifra da indovinare quasi ad intimorire l’avversario. Le chiamate vengono eseguite a ripetizione continua. Ogni punto conquistato viene segnato con le dita dell’altra mano fino a che si arriva al totale ottenuto al meglio di 3 o 5 partite. Mano a mano che il gioco procede generalmente aumentano i ritmi (anche perché durante la gara si usa bere vino) e si fanno più forti i toni tra gli sfidanti che devono mantenere la concentrazione ed indovinare rapidamente cercando sempre di prevedere e anticipare l’avversario. È un gioco basato sull’intuizione e sulla velocità oltre che sull’esperienza.

Saltarello
È il ballo popolare figurato tipico dell’Abruzzo anche se i suoi confini si estendono fino ad includere molte regioni dell’Italia centro meridionale. Il saltarello racchiude un’estesa famiglia di danze tradizionali e folcloristiche del passato come la tarantella, la ballarella, la zumbarella, la ciuppicarella e la pizzicarella. Si tratta di danze appartenenti alla stessa famiglia – la saltarella – in cui le varianti generalmente riguardano la velocità di esecuzione e il tipo di cadenza del passo. Le sue origini sono antichissime: deriva dalla “Saltatio” latina, l’insieme delle danze popolari più diffuse nella Roma antica. Solo poche zone però conservano ancora oggi una tradizione forte e autentica del ballo originario. I movimenti della danza hanno un carattere particolarmente originale. Il passo base segue sempre uno schema binario (dù botte). Il suo tempo è in 2/4 e i danzatori, accentuando maggiormente il primo quarto, devono esprimere grande agilità, leggerezza, velocità e resistenza. Il saltarello è suonato da una o più persone con l’organetto e da una che ne scandisce il ritmo con il tamburello fra le mani. È la danza di pastori e contadini che in alcuni casi, ad un certo punto del ballo, possono inserire i loro canti legati ai costumi della campagna. Conta numerose misure coreografiche, alcune delle quali sono talvolta ripetute nel corso del ballo. La caratteristica principale rimane quella dell’improvvisazione giocata sui passi base, passando da un piede all’altro, in movimento o fermi sul posto, inserendo il salto periodicamente. Un ballo vivace con caratteristiche volte al corteggiamento o alla sfida tra chi vi partecipa. Una vera gara di resistenza che dura al massimo un minuto o due dopodichè altri sfidanti o nuove coppie danno il cambio alle precedenti. In genere nel saltarello i ballerini non si toccano per molto. Nel corso del ballo i danzatori si trovano affiancati o faccia a faccia, si spostano in avanti e indietro con passi e combinazioni contrapposti. Talvolta intrecciano le braccia tra loro e girano lateralmente alternandosi in un verso e nell’altro o tenendosi frontalmente. In questa danza sono molto evidenti i ruoli della donna e dell’uomo ma capita di vedere coppie di soli uomini o sole donne. La linea prevalente consiste nel compiere continui piccoli giri antiorari lungo un circolo più ampio, anch’esso percorso in senso antiorario. I passi dello schema base comunque mantengono sempre un’andatura dinamica, allegra e allo stesso tempo molto composta ed elegante. Ancora oggi è una danza molto diffusa soprattutto in occasione di feste popolari come matrimoni, ricorrenze ed eventi folcloristici.

Ciaramelle
Uno degli strumenti tipici di questa terra è la ciaramella. Insieme all’organetto e al tamburello ha accompagnato nel passato la maggior parte delle cerimonie e delle feste popolari come il Natale e i matrimoni. Strumento a fiato di origini pastorali, deriva dalla cornamusa e dalla zampogna dalle quali si differisce per alcune modifiche alla struttura. È composto da una sacca di pelle di pecora alla quale sono attaccati tre tubi (Piripìzzoli): il più piccolo (la ciaramella) fissato nella parte superiore, fa entrare l’aria soffiata nella sacca e la gonfia. Un altro più lungo con i fori (alcuni dei quali sono stati otturati), genera il suono e il terzo è il bordone (la canna che emette la sola nota classica di accompagnamento). In questo modo lo strumento riproduce la caratteristica melodia che anticamente accompagnava i pastori mentre portavano il gregge al pascolo.